Chi sono?

Nasco primogenito in quel di Roma nel 1969 in una via foriera di mirabilanti e inimmaginabili prosperi futuri: via Lorenzo il Magnifico. Ancora attendo l'avverarsi di questa profezia. Per sommo errore una volta giudicato maturo dall'istituzione scolastica scelgo di fare Ingegneria. Questa scelta cambiera' drasticamente il mio destino e le mie inclinazioni mortificando inconsapevolmente ogni mia aspirazione e interesse. Dopo aver pagato a suon di stempiatura e diradamento di capelli la mia scelta vengo fagocitato dalla triste e mediocre realta' del lavoro da cui ancora oggi provo a stento di liberarmi con tutte le mie forze, ma oramai la routine ha fiaccato ogni mia velleita'.

domenica 13 gennaio 2008

La resistenza al cambiamento caratteristica tutta Italiana?

Ora che siamo entrati a regime nella comunita' europea veniamo messi sotto la lente di ingrandimento e ci spiegano anche quali sono i nostri problemi, perche' la nostra macchina produttiva stenta a prendere il volo. Da un'intervista su repubblica al nostro rappresentante nel board della BCE vengono delineati i quattro punti fondamentali che dovranno essere portati avanti dalla politica italiana. La riduzione del carico fiscale, il taglio della spesa pubblica, le liberalizzazioni e la produttivita'. Partiamo dai piu' semplici e realizzabili. Per quanto riguarda la riduzione del carico fiscale se ne parla per aumentare il potere d'acquisto dei lavoratori e alimentare quindi la domanda interna. Ma la situazione economica congiunturale indica un aumento dei prezzi delle materie prime e una turbolenza finanziaria globale che ancora deve terminare i suoi effetti. Gli effetti della crisi dei mercati finanziari dovra' portare a regime a una ricognizione di quelle che sono le reali perdite di bilancio, dove sono coinvolte banche, aziende e pubbliche amministrazione e piccoli risparmiatori, dopo di che' e' probabile che ci sia una stretta creditizia e un rallentamento del credito alle famiglie e alle imprese. Politiche di rilancio della domanda quindi senza un'opportuna politica di rilancio dell'offerta non funzionano e al contrario accelerano la strada per maggiore inflazione e disoccupazione. Diminuire quindi il carico fiscale sul lavoro senza tenere conto della situazione economica reale rischia solo una rincorsa tra prezzi e salari. Ecco perche' si parla di una decisa manovra di riduzione della spesa pubblica a fronte di una riduzione del carico fiscale, questo perche' in una situazione economica di rallentamento congiunturale rischieremmo di aumentare il deficit e il buco di bilancio. Le liberalizzazioni in teoria servono per ridurre i prezzi con l'introduzione di maggiore concorrenza sopratutto in quei settori che in Italia sono oramai conclamati monopoli non esposti alla concorrenza internazionale. L'ultimo punto su cui focalizzare l'azione politica ed economica e' la produttivita' ed e' forse il punto piu' interessante e piu' complesso da realizzare: la produttivita'. La BCE sottolinea che i salari in italia sono in media circa il 90% dek salario medio europeo ma il costo del lavoro per unita' di prodotto e' superiore alla media a causa della minore produttivita' e maggiore tassazione. Ma quali sono i settori presi in esame per misurare la produttivita'? Si fa l'esempio del settore manifatturiero, ma e' significativo per l'economia italiana? Andando a leggere il rapporto della BCE sul 2006 sulla produttivita' si parla della necessita' di riforme strutturali. Vediamo il dettaglio riportando direttamente le parole del rapporto:
"La produttività del lavoro è definita come prodotto reale per unità di input di lavoro; l’input di lavoro è misurato sia in termini di ore lavorate totali sia come numero di persone occupate. Il rallentamento della produttività del lavoro nell’area dell’euro è in parte dovuto a un maggiore impiego del fattore lavoro.
Quest’ultimo è riconducibile alle riforme del mercato del lavoro realizzate in alcuni paesi dell’area, quali la riduzione del cuneo fiscale e il trattamento più sfavorevole dei pensionamenti anticipati. Tutto questo ha avuto un effetto positivo sui tassi di occupazione ma non sulla produttivita'. Pochi sanno che l'economia Europea per grandezze in gioco e' paragonabile a quella Americana. La più rapida crescita della produttività negli Stati Uniti rispetto all’area dell’euro è riconducibile anche al più forte incremento dell’intensità di capitale (ossia crescita dei servizi da capitale per ore lavorate). Esso rispecchia i più consistenti investimenti in tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), in particolare nel comparto dei servizi. Le caratteristiche strutturali dell’economia statunitense (un mercato del lavoro più flessibile, un maggiore grado di concorrenza nel mercato dei beni, minori barriere all’ingresso di nuove imprese e un mercato dei capitali più efficiente) erano evidentemente più favorevoli a uno sfruttamento delle opportunità offerte dalle nuove tecnologie. I progressi tecnologici richiedono una riallocazione del lavoro verso manodopera molto qualificata attraverso un processo di “distruzione creativa”. Pertanto, le misure volte a favorire lo sviluppo delle competenze e la formazione permanente contribuiscono all’innovazione e agevolano l’utilizzo di tecnologie avanzate. Finora, gli investimenti in capitale umano in Europa sono stati inadeguati per un’economia “ad alta intensità di conoscenze”
."
In definitiva cosa possiamo capire da tutto questo. Considerato che i settori produttivi dell'economia reale europea sono per il 27% manifatturiero, per il 3% agricolo e per il 70% servizi, se la produttivita' e' bassa significa solamente che il settore servizi nel complesso non fa innovazione e ricerca e come conseguenza il mercato del lavoro che richiederebbe profili professionali altamente qualificati non presenta tutta questa offerta. Siamo al paradosso che c'e' molta piu' offerta di manodopera molto qualificata quando il mercato ha una domanda molto piu' bassa. E' inutile quindi che si agisca nel campo dell'educazione e dell'istruzione perche' ci sono piu' laureati a spasso di quanti se ne possa immaginare, il mercato del lavoro e' chiuso, saturo e non riesce piu' ad assorbirli. Il problema e' profondamente strutturale, c'e' una resistenza al cambiamento che sta ingessando tutti i settori produttivi.
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