Chi sono?

Nasco primogenito in quel di Roma nel 1969 in una via foriera di mirabilanti e inimmaginabili prosperi futuri: via Lorenzo il Magnifico. Ancora attendo l'avverarsi di questa profezia. Per sommo errore una volta giudicato maturo dall'istituzione scolastica scelgo di fare Ingegneria. Questa scelta cambiera' drasticamente il mio destino e le mie inclinazioni mortificando inconsapevolmente ogni mia aspirazione e interesse. Dopo aver pagato a suon di stempiatura e diradamento di capelli la mia scelta vengo fagocitato dalla triste e mediocre realta' del lavoro da cui ancora oggi provo a stento di liberarmi con tutte le mie forze, ma oramai la routine ha fiaccato ogni mia velleita'.

venerdì 18 aprile 2008

Protezionismo: materie prime

Insomma questa globalizzazione che porta a sconvolgimenti di dimensioni planetarie non ci sta proprio piacendo. Si e' sempre detto che lo stile di vita occidentale rappresenta uno spreco enorme di risorse e se questo stile di vita fosse adottato anche dai paesi in via di sviluppo sarebbe impossibile per la terra sostenere questa gigantesca domanda di risorse. Perche' le risorse sono limitate, e oltretutto noi abbiamo parecchio materiale di scarto (rifiuti) che "intelligentemente" o bruciamo oppure trasformiamo rendendolo quindi non piu' disponibile per sempre. E' come se stessimo trasformando tutte le risorse di cui abbiamo bisogno in risorse-rifiuto cambiando anche la faccia della terra. Risultato e' che viviamo al di sopra delle nostre possibilita' e a dimostrazione di questo c'e' l'indubbio fatto che il volume di capitale finanziario ha di molto superato la quantita' di attivita' reali. Se in questo mondo ogni cosa ha un prezzo e questo prezzo viene pagato con la moneta questo non significa che aumentando la moneta in tutto il mondo noi possiamo coprare piu' beni perche' al contrario della carta moneta la terra non puo' "stampare" piu' risorse di quelle che riesce a produrre: viviamo in un mondo a risorse limitate. Non e' quindi che mi impressioni piu' di tanto che si ritorni a parlare di autosufficienza per gli stati e di protezionismo e dazi come barriera contro l'esportazione di inflazione e l'impoverimento delle nazioni. La crisi dei mutui sub-prime ha fatto sgonfiare la bolla finanziaria dei derivati strutturati ma se si sgonfia una bolla le perdite vanno recuperate da un'altra parte e cosi' l'attenzione si sposta sulle materie prime. Oramai siamo arrivati al punto che bisogna sostenere il volume di moneta finanziaria altrimenti ci sarebbe un crollo mondiale e nessuno si salverebbe da un ciclo di depressione. E allora il petrolio aumenta di prezzo ma chiaramente la produzione nei paesi OPEC non viene aumentata quando ce ne sarebbe la possibilita'. Mettiamo anche in conto il fatto che condizioni ambientali (uragani) sfavorevoli rallentano la produzione per esempio nel golfo caraibico, come anche le guerre in Nigeria, Iraq e altri paesi produttori. Ma sta di fatto che il 5/03/2008 a Vienna il portavoce dell'OPEC, Ibrahim Hussein , ha dichiarato durante la 148ª Conferenza ministeriale dell'organizzazione che è stato deciso di mantenere invariato l'attuale livello di produzione di greggio. Hussein ha spiegato che il rallentamento della crescita economica americana potrebbe indurre un calo della domanda sul mercato mondiale del greggio, secondo l'OPEC le cause dell'alto prezzo del petrolio sono l'instabilità del mercato finanziario americano, la debolezza del dollaro Usa e i sommovimenti locali. Da notare che USA, Giappone e l'Ue si sono appellati per l' aumento della produzione e Ali al-Naimi, ministro delle Risorse petrolifere e minerarie dell'Arabia Saudita, il maggiore paese produttore di petrolio del mondo, ha affermato che il mercato in generale è "sano" e che le speculazioni sono il motivo principale degli alti prezzi del petrolio. La crisi dei mutui ipotecari subprime e dell'inflazione, ha un impatto sulla crescita economica Usa rallentandola, il che dovrebbe contenere il consumo interno di petrolio. L'OPEC teme che l'instabilità dell'economia americana si rifletta sull' economia mondiale (globalizzazione), contenendo ulteriormente la domanda globale di petrolio. Inoltre, per l'influenza di fattori stagionali e delle alte riserve di petrolio commerciale, l'OPEC ritiene insensato un aumento della produzione. In secondo luogo, la svalutazione del dollaro Usa, le turbolenze nelle principali zone di produzione di petrolio (Iraq, Iran, Nigeria) e il crollo del mercato azionario mondiale hanno indotto speculazioni e investimenti nei futures delle risorse energetiche, provocando la continua escalation del prezzo del greggio. L'OPEC non osa decidere importanti modifiche alle quote di produzione in un momento così delicato per evitare una perdita di controllo del prezzo internazionale del petrolio, che si ritorcerebbe sull'organizzazione stessa. Secondo l'OPEC, non è più possibile controllare i prezzi con il semplice ritocco delle quote di produzione (ecco l'assurdo economico a cui si arriva quando a comandare sono i flussi finanziari che sopravvalutano i prezzi). E poi l'aumento del prezzo del petrolio può arrecare più interessi ai paesi membri dell'OPEC e il previsto contenimento della domanda dei paesi consumatori a causa di un rallentamento dell'economia mondiale portera' al cambiamento del rapporto fra domanda e offerta, col rischio di una nuova caduta dei prezzi.
Sul fronte materie prime agricole la storia si ripete uguale. Il prezzo dei cereali continua a crescere e i paesi che già hanno più difficoltà a sfamare la propria popolazione sono destinati a trovarsi sempre più in difficoltà, chi lancia l'allarme e' la FAO ma anche l'FMI.
In Gazzetta Ufficiale della Unione Europea n. 1 del 4 Gennaio 2008, è stato pubblicato il Regolamento 1/2008 del Consiglio del 20 dicembre 2007 relativo alla sospensione temporanea (fino a giugno 2008) dei dazi doganali dall'importazione di taluni cereali (frumento tenero, frumento duro, segale, orzo avena, granturco, sorgo, grano saraceno) nel corso della campagna di commercializzazione 2007/2008. La misura è stata adottata per far fronte ai problemi congiunturali che hanno colpito il settore provocando un abbassamento delle scorte cerealicole sul mercato comunitario. Inoltre gia' nel 2007 l'Italia era stata autorizata a mettere a coltura 180mila, forse 200mila ettari in più a cereali, circa il 10% della superficie a frumento. La decisione arrivava dalla Commissione Ue. La decisione rifletteva gia' a quel tempo la necessità di contrastare la scarsità di offerta di cereali e la costante impennata nei prezzi. Il prezzo future del frumento tenero ha infatti raggiunto recentemente i massimi storici. Sempre da Bruxelles avevano approvato il piano per ridurre a zero la percentuale di set aside (riposo) dei terreni coltivabili per l'autunno 2007 e la primavera 2008. La decisione sulla messa in produzione dei ''terreni a riposo'' doveva aumentare nelle loro previsioni i raccolti Ue del prossimo anno di almeno 10 milioni di tonnellate. E’ record anche per il prezzo del mais destinato all’alimentazione animale e alla produzione di bioenergie dopo quello già raggiunto nei giorni scorsi da riso e al Chicago Board of Trade, che rappresenta il punto di riferimento del commercio internazionale delle materie prime agricole. L'aumento del prezzo e' anche frutto del calo nelle scorte statunitensi stimato dal dipartimento dell’agricoltura Usa. Molti paesi produttori hanno deciso di limitare le esportazioni e di investire in nuove coltivazioni nazionali con l’obiettivo di ridurre i prezzi al consumo sul mercato interno. Intanto le tensioni sociali sono in aumento ad Haiti, nelle Filippine, in Indonesia, in Egitto, in Africa (Costa d'Avorio, Senegal, Burkina Faso, Etiopia, Madagascar) dove è corsa nei negozi per gli accaparramenti. In Pakistan e in Thailandia si è addirittura dovuto ricorrere all'esercito per evitare assalti al cibo nei campi e nei magazzini. Per assicurarsi la disponibilità interna, l'Arabia Saudita ha tagliato i dazi all'importazione per un gran numero di prodotti alimentari come grano, pollo, latte e olio vegetale, in India è stata proibita l'esportazione di riso e ridotte le tasse all'importazione di granoturco, mentre il Vietnam, che è il terzo esportatore mondiale di riso, ha deciso di ridurre le spedizioni dell'11 per cento. La Cina ha annunciato un aumento del prezzo pagato agli agricoltori al fine di garantirsi disponibilità di prodotto e raffreddare la crescita dell'inflazione interna, le Filippine, il principale Paese importatore di riso a livello globale, hanno annunciato un piano per mettere a coltura altri 600.000 ettari di riso e se il Vietnam ha deciso di ridurre di un milione di tonnellate le esportazioni per contenere i prezzi interni e garantire la disponibilità alimentare la Cambogia ha addirittura vietato le esportazioni. l'Ucraina e la Russia stanno aumentando le superfici coltivate a grano al pari di quanto è avvenuto in Italia. Inoltre il Governo della Federazione Russa ha deliberato di fissare al 40% del valore doganale il dazio sull’esportazione del grano e meslin. La misura, che sarà in vigore dal 29-01-2008 al 30-04-2008, è finalizzata a limitare le forti spinte inflazionistiche presenti nel mercato dei generi alimentari, scoraggiando l’export delle suddette categorie merceologiche. Nel 2007, la produzione dei cereali in Russia ha raggiunto il 79,7 milioni di tonnellate, miglior risultato dell’ultimo quinquennio. Si incomincia inoltre a registrare anche un aumento dei dazi all’esportazione di carne in Argentina che si sono aggiunti al blocco sanitario imposto dall’unione Europea al Brasile non mancherà di avere effetti sulla produzione nazionale.
La speculazione si e' spostata dai mercati finanziari in difficoltà a quelli delle materie prime agricole e sono una delle cause dell'andamento delle quotazioni che sono comunque sostenute dalle informazioni sulla scarsità delle scorte, sull’andamento climatico e sull’aumento della domanda di nuovi paesi emergenti come Cina ed India. Sembrerebbe quasi di essere di fronte ad un cambiamento delle gerarchie all'interno dell'economia e un ruolo nuovo e centrale da svolgere per l'agricoltura nei prossimi anni sia nella fornitura di beni alimentari che come opportunità per lo sviluppo di alternative energetiche.
Dall'altro lato i paesi poveri africani a basso reddito con deficit alimentare pagano una bolletta aumentata del 74% a causa dell'impennata dei prezzi dei cereali (dovuta anche alle nuove restrizioni all'esportazione da parte di alcuni tra i maggiori Paesi esportatori) e delle tariffe dei trasporti e del petrolio. L'inflazione degli alimentari colpisce maggiormente le popolazioni povere, poiché la spesa per procurarsi il cibo rappresenta una quota molto più alta del totale del loro reddito, infatti la spesa per il cibo rappresenta solo il 10-20% della spesa complessiva del consumatore dei Paesi industrializzati, mentre per il consumatore dei Paesi in via di sviluppo può arrivare a rappresentare sino al 60-80% del totale. Secondo le previsioni, la produzione cerealicola mondiale nel corso di quest'anno è destinata a crescere del 2,6%, per attestarsi intorno alla quantità record di 2.164 milioni di tonnellate. Se l'aumento di produzione previsto per il 2008 si materializzerà potrebbe attenuarsi l'attuale situazione di scarsità dell'offerta cerealicola mondiale, ma molto dipenderà dalle condizioni climatiche.
In una situazione di questo genere dove la globalizzazione e la specializzazione produttiva ha reso ogni paese dipendente dal destino di molti altri e' inevitabile fermarsi a ripensare al modello economico mondiale che sta privilegiando le esportazioni, e quindi le bilance commerciali a discapito del mercato interno. Questo fenomeno non ha fatto altro che importare inflazione e speculazione a livello mondiale e un inevitabile ritorno al protezionismo e all'orientamento al mercato interno. Banalmente alla fine vale sempre la legge che nei momenti di difficolta' prima si pensa a soddisfare gli interessi personali e poi eventualmente quelli della comunita' come ci insegna la cultura capitalistica estrema.
Riferimenti:

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