Chi sono?

Nasco primogenito in quel di Roma nel 1969 in una via foriera di mirabilanti e inimmaginabili prosperi futuri: via Lorenzo il Magnifico. Ancora attendo l'avverarsi di questa profezia. Per sommo errore una volta giudicato maturo dall'istituzione scolastica scelgo di fare Ingegneria. Questa scelta cambiera' drasticamente il mio destino e le mie inclinazioni mortificando inconsapevolmente ogni mia aspirazione e interesse. Dopo aver pagato a suon di stempiatura e diradamento di capelli la mia scelta vengo fagocitato dalla triste e mediocre realta' del lavoro da cui ancora oggi provo a stento di liberarmi con tutte le mie forze, ma oramai la routine ha fiaccato ogni mia velleita'.

martedì 11 settembre 2007

Lavoro e Carriera

Il lavoro nobilita l'uomo. Ma il lavoro e' qualcosa di piu', e' il componente fondamentale della vita di tutti i giorni. Grazie al lavoro abbiamo un nostro posto nella societa', creiamo i nostri legami sociali, maturiamo e impegniamo la nostra mente e il nostro corpo in attivita' che a volte ci danno soddisfazione e tutto sommato abbiamo uno scopo. Il lavoro e' quindi parte delle fondamente dell'individuo e della sua personale crescita interiore. Ecco perche' quando si parla di carriera si tocca un tasto tanto pericoloso quanto oramai sopravvalutato. Purtroppo il lavoro al giorno d'oggi ha perso quasi tutta quella importanza e quell'impatto sociale che aveva un tempo. Prima era l'uomo a lavorare e questo impegno era una componente fondamentale nei rapporti con gli altri e nella creazione di una famiglia. Oggi il lavoro che ognuno di noi fa e' spesso talmente lontano da quello che poi e' il risultato finale che genera e talmente specializzato e settoriale che alla fine serve solo come fonte di reddito per la sopravvivenza e la soddisfazione dei bisogni di tutti i giorni. Che significa quindi fare carriera? Significa entrare nelle logiche aziendali e autoconvincersi che pretendere posizioni di prestigio grazie ai meriti personali e' la cosa ultima a cui aspirare. Questa logica si e' pero' nel tempo dovuta piegare all'avidita' e all'individualismo umano che hanno portato a deviazioni aberranti per cui oggi chi fa carriera e' di norma il raccomandato e cioe' colui che fa parte del club ristretto che si occupa unicamente di curare i propri interessi privilegiati. A questo punto e' inevitabile chiedersi se sia ancora giusto pensare che la carriera e' il passo finale cui dover per forza arrivare, e sopratutto se sia fondamentale per la crescita personale. La qualita' del lavoro si e' abbassata notevolmente con il tempo e meno della meta' dei lavoratori e' soddisfatta di quello che le imprese programmano per loro, senza dimenticare che i meccanismi di carriera nel nostro paese sono poco oggettivi e molto discrezionali come si diceva in precedenza. E allora spuntano le regole per fare carriera che ricordano un po' i comandamenti aziendali e la furbizia napoletana. Ecco le 10 regole che vengono pubblicizzate: 1) programmare ed agire, 2) rassicuare i superiori e conseguire risultati, 3) Essere ben vestiti e curati, apreti e sicuri, 4) sapere come gli altri ti vedono, 5) cambiare azienda dopo un anno che non si impara piu' nulla, 6) fanno carriera quelli che affermano le proprie idee atttraverso i risultati, 7) bisogna fare esperienze diverse, 8) entrare nei gruppi che contano, rendersi visibile, allacciare relazioni per ampliare la rete di conoscenze, 9) innovare, 10) non essere mai uguale a quello che eri la scorsa settimana. Una volta si entrava in azienda per rimanerci una vita, era un'ancora di sicurezza, oggi c'e' molta piu' mobilita'/precarieta' e quindi molta piu' incertezza e insicurezza. Oramai sia il settore privato che quello pubblico sono dominati da logiche affiliative e saper creare rapporti interpersonali e gestirli e' considerato un merito che poi paga in termini di carriera: e' come dire che la raccomandazione fa premio. Oltre alle competenze e alla bravura quello che serve maggiormente e' saper comunicare, farsi conoscere e rendersi visibile. In un certo senso bisogna sedurre il nostro interlocutore e dominare la sua sfera emotiva. D'altra parte dato che l'azienda persegue un utile di esercizio perche' non adeguarsi alla stessa prospettiva? Se poi confrontiamo gli ambiti aziendali dal punto di vista economico, allora ci sembra di intravedere una differenza tra l'ambito pubblico e quello privato. In quello pubblico la redditivita', l'utile non e' lo scopo principale. Il sistema pubblico prevede l'offerta di un servizio al cittadino, di ridistribuire la ricchezza per il fabbisogno pubblico, e' quindi l'organo di raccordo tra l'attuazione e del programma di governo e quindi gli indirizzi individuati dalla politica , e le risposte che si devono dare alle richieste degli utenti. Difficile quindi stabilire come valutare il merito e proporre incentivi in apparati dove l'unico margine di gestione e' nella scelta di percorsi procedurali previsti dall'ordinamento per realizzare gli indirizzi di governo. Come a dire che dato che qualcuno gia' decide per noi perche' sforzarci di dare il massimo quando ci basta fare lo stretto necessario. Una logica che poi alla fine si applica anche al privato perche' spesso il semplice impiegato non riesce ad avere la stessa visione che hanno i vertici aziendali e non riesce quindi a partecipare attivamente alla missione aziendale. Dirigere in un'azienda non e' cosa facile perche' si deve aver ben in mente dove si sta andando a finire e perche'. Al termine di questo lungo discorso abbiamo quindi capito se ha ancora valore la parola carriera? Credo che il suo valore dipendainevitabilmente dalle conseguenze sociali che puo' avere nell'individuo, e cioe' dalla considerazione che si aspetta di avere come ritorno dagli altri e da come questa puo' cambiare le sue dinamiche sociali. Dipendiamo per la maggiorparte della nostra identita' dall'opinione degli altri che ci assegna un posto nella struttura sociale in cui viviamo. Se cambiano le logiche di questa struttura cambia anche il valore che noi assegniamo alla parola carriera.

Nessun commento: